Intervista a Furio Camillo
Introduzione (scorrono sul video incisioni del Pinelli e
dipinti ottocenteschi sull'argomento)
Voce fuori campo:
Nella storia dell'antica Roma, Furio Camillo rappresenta la
figura più emblematica e controversa del IV secolo a.C. Un personaggio che ha
diviso le coscienze di un'epoca solo apparentemente lontana. Sebbene ricordato
dagli storici come il secondo fondatore di Roma, fu costretto a ritirarsi in
esilio ad Ardea dopo le accuse di peculato sui profitti che seguirono la
conquista di Veio, la ricca capitale etrusca per decenni antagonista della
giovane repubblica romana. Soltanto quando i Galli scendono dal Nord a
saccheggiare Roma, torna in città e secondo la leggenda impedisce la resa
incondizionata dell'Urbe. “Non con l'oro, ma con il ferro si riscatta la
patria” è lo slogan con cui è passato alla Storia, mettendosi a capo della
Resistenza. Scacciato l'invasore, è protagonista della ricostruzione della
città nel durissimo dopoguerra. La condanna a morte del suo principale
oppositore interno, il patrizio Marco Manlio – anch'esso eroe della Resistenza
- getta un'ombra sulla sua figura di politico. Fu vera gloria?
In studio un anziano Furio Camillo (C) in toga e una giovane
giornalista (G) in tailleur.
G: Senatore Camillo, una carriera piuttosto intensa la sua.
Ancora giovanissimo e privo di esperienza, nel 407 avanti Cristo viene eletto
censore. Ci racconti i suoi inizi.
C: Accadde tutto molto in fretta. Non mi ero mai occupato di politica
prima di allora, assolvevo ad alcune funzioni religiose. Non ero mai
stato nemmeno in battaglia.
G: Uno smidollato, per quei tempi...
C: Beh, ero molto giovane. Comunque è vero che i miei si
vergognavano un po'. Sa, la mia era una famiglia patrizia.. forse lei la
troverebbe un po' “all'antica”...
G: La candidatura fu un modo per riscattarsi?
C: Forse, ma solo in parte. Comunque ci fu quella vittoria piuttosto
inattesa.
G: E inattesa fu anche l'ondata di cambiamenti che
contraddistinsero il suo mandato.
C: Sì, riformammo completamente l'esercito.
G: Alzando enormemente il prelievo fiscale...
C: Non avevamo altra scelta. Serviva il bronzo per le armi.
G: E le armi per prendere Veio. Lei fu il protagonista della
resa dei conti tra Roma e la ricca capitale etrusca.
C: Misi fine ad un conflitto che durava da decenni.
G: E si rese responsabile del genocidio della civiltà
etrusca.
C: (ride) Lei mi giudica in base ad un'etica che non
appartiene al mio secolo.
G: Forse nemmeno al mio. Considera esemplare la condotta di
quella guerra?
C: Usammo uno stratagemma, dei cunicoli sotterranei, se è a
questo che si riferisce. Anche Troia non fu presa lealmente.
G: I suoi soldati sbucarono come topi da sotto le mura di Veio durante una cerimonia sacra: l'etica del suo secolo accettava questo genere di
cose?
C: (Alzando la voce) Non accetto il paragone tra i soldati
romani e dei topi! L'astuzia è uno dei requisiti per vincere in battaglia, lei
forse essendo una donna non ha idea di cosa significhi l'assedio di una città!
G: Va bene, allora dato che sono una donna parliamo della
pace e del ritorno a Roma dopo la resa di Veio. Lei celebrò un trionfo in uno
sfarzo mai visto prima.
C: Anche una vittoria simile non aveva precedenti.
G: Una sfilata colossale, dai costi proibitivi. La plebe
smette di applaudirla ben presto, quando capisce che la guerra ha arricchito
soltanto i patrizi.
C: I contestatori furono una minoranza. Si trattava
prevalentemente di imboscati e disertori, una banda di straccioni.
G: Fatto sta che gli “straccioni” la accusano di essersi
arricchito con il bottino etrusco e la cacciano dalla città.
C: Il mio esilio ad Ardea fu volontario, e a Roma ebbero
presto di che pentirsene!
G: Infatti arriviamo al 386 a.C. con i Galli che scendono
dalla Val Padana e mettono Roma a ferro e fuoco. Lei sta al sicuro ad Ardea
mentre i suoi concittadini sono arroccati sul Campidoglio, perché stavolta sono
loro ad essere sotto assedio.
C: Esattamente! Mi avevano estromesso e ne pagarono le
conseguenze!
G: Quindi il suo esilio non fu poi così volontario... Fatto sta che l'eroe della resistenza
all'invasore è in quei giorni Marco Manlio.
C: Manlio e i suoi degni compari furono – se mi permette, signorina – i responsabili
della disfatta sul fiume Allia. Se avessero fermato lì i Galli oggi non
staremmo a parlare del sacco di Roma e delle oche del Campidoglio.
G: Visto che le ha tirate fuori lei, ci spieghi questa
storia delle famose oche...
C: Io non c'ero e quindi ne so quanto voi. Mi limito a
osservare che una città sotto assedio non affida alle oche e ai cani la sorveglianza
delle mura!
G: Beh, la stupirò di nuovo, ma in tempi recenti
a cani e a oche è stata affidata la guida del Paese. Ma torniamo ai Galli e a
Roma che brucia...
C: Tornai con un piccolo esercito e li misi in fuga, questo
è quanto.
G: Troppo tardi per salvare la città. Roma è stata rasa al
suolo e la plebe vorrebbe trasferirsi a Veio.
C: Solo degli infami abbandonerebbero il suolo sacro della
propria città.
G: Suolo sacro e di proprietà di pochi patrizi.
L'emigrazione in massa avrebbe decimato il valore dei vostri terreni.
C: Non fu certo per denaro – come lei sta insinuando – che
decisi di ricostruire la città esattamente dove si trovava.
G: E di distruggere le case rimaste in piedi, come quella di
Marco Manlio sul Campidoglio. Un avversario scomodo, senatore Camillo?
C: Non capisco la sua domanda.
G: Intendo dire che Manlio forse rappresentava “un eroe di
troppo” dal suo punto di vista.
C: Ci fu un processo e Marco Manlio fu giudicato un
eversivo, voleva rovesciare lo Stato.
G: Beh, non è strano che dopo aver rischiato la pelle per
salvare la repubblica sul Campidoglio volesse distruggerla?
C: No, a me non sembra strano.
G: Forse le sembrava strano che Manlio volesse cancellare i
debiti dei plebei.
C: Quella proposta
non era strana, era assurda! Manlio faceva della demagogia!
G: Questa è un'accusa che si fa sempre ad un oppositore
politico, ci mancherebbe. Però voi lo avete buttato giù dalla rupe Tarpea.
C: Io non ho buttato giù nessuno e ancora una volta lei
giudica la mia epoca con dei pregiudizi moderni! Fra duemila anni per la sua
borsetta dovrà rendere conto ai posteri dell'uccisione di un vitello.
G: La mia borsetta è di plastica. Senatore Camillo, il nostro tempo e terminato e dobbiamo
salutarci.
C: Finalmente.
G: La ringrazio per essere venuto qui. Un saluto anche ai
nostri ascoltatori, e...
C: A questa massa di ingrati!
G: Su, senatore, in fondo le hanno dedicato una fermata
della metropolitana (ride). Ci vediamo domani sera alla stessa ora, avremo con
noi Cornelia - madre dei Gracchi - e naturalmente il tema sarà la famiglia. A
voi studio...
Sigla finale.
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